04/03/07

Il Cibicida: recensione Mai Perdonati


I Marlowe, di base a Catania, non sono certo una band di primo pelo: tre dischi, partecipazione a compilation di musica indipendente (“Stonature 3”, “Balarm Rock Vol. 1”), diversi gettoni in live set (Suburban, Stanze Sonore) e collaborazioni illustri. Hanno, nel loro curriculum, un bagaglio di canzoni fascinosamente scricchiolanti e rugose che “sanno” dannatamente di Cesare Basile. Infatti, parlando di loro, non si può proprio non citare l’amicizia che, col tempo, li ha avvicinati a Cesare Basile e Marcello Caudullo: due tra i più importanti interpreti della Catania musicale.
Non si può, perché le trame “desertiche”, bluesy e minimali, l’approccio cantautorale all’americana, il suono tagliente ma poi tenero e riflessivo devono molto, moltissimo all’esempio “basiliano” (e del suo ensamble), ad esempio in album come “Gran Calavera Elettrica”. Mai Perdonati, così, è un disco che viaggia su un convoglio scricchiolante, va lontano e, da lì, manda le sue cartoline grinzose in bianco e nero. Otto ballads elettriche che si scagliano nelle budella dell’ascoltatore e, dopo aver fatto piazza pulita dell’umore nero, finiscono per conficcarsi dirette nel cuore, conquistandolo. La voce di Salvo Ladduca è delicata e narrante. Le chitarre supervisionate da Marcello Caudullo – all’intera produzione artistica – lanciano più di qualche messaggio a Mark Lanegan. Nella country Crowded song compare un pianoforte made in Catania di Marta Collica, e nella western La terza croce c’è l’armonica a bocca suonata da Basile. “Mai Perdonati” è un efficace incontro tra la tradizione americana del rock desertico (Cash) e quella italiana del lirismo cromatico (De Andrè). E’ il racconto affaticato del tempo, è una storia raccontata con una smorfia trattenuta sul labbro. Solo un’etichetta. Solo un’etichetta manca per concludere l’opera. Suvvia! Apriamo gli occhi.

Riccardo Marra

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