13/04/11

Ondarock: recensione Fiumedinisi

Link: ondarock.it

Dopo essere stati cresciuti da Cesare Basile (che ne ha prodotto i primi tre lavori), per il loro quarto disco i siciliani Marlowe si affidano in toto al mentore della Seahorse Recordings Paolo Messere (leader dei Blessed Child Opera ed ex-Ulan Bator) e danno alle stampe un album che, dopo dieci anni di attività, segna il loro esordio discografico.

Il tocco melmoso ed oscuro di Messere rappresenta la vera cifra stilistica della musica del quartetto, che dà vita a un disco di grande coesione, pur nelle mille sfumature che ne caratterizzano ogni episodio. Tra aneliti ghost-rock à la Piano Magic, dilatazioni post simil-Mogwai e l'aura oscura dei Marlene Kuntz in lontananza, Salvo Ladduca e soci non perdono mai di vista il formato canzone, a metà tra furia rock e dolenza cantautorale.

Le aperture tra l'etereo e il malinconico di "Chiedi Al Buio" segnano il timido ingresso nel mondo dal sapore cinematico dei Marlowe. La tensione melodica di "Dei Tuoi Miracoli" segna il momento di maggior vicinanza con la musica di Messere, prima che la liturgia atea di "Fino Alle Ossa" si sciolga in un malessere che fa male. Solo nel finale di "2 Maggio" la tensione accumulata nella prima parte si libera in un'esplosione controllata di feedback quasi noise. Ma già il duetto noir con Angela Baraldi "In Fondo Alla Gola" riporta il disco nei più collaudati lidi di liquidità color pece. Schematismi new wave tornano d'attualità in "Devo Tutto Alla Notte", ma le scarne sinusoidi post-tutto di "The Last Day Swimming" spezzano presto la monotonia senza sviare dalla strada maestra. In "Christina" i Marlowe flirtano con gli esperimenti più hard degli Yo La Tengo ma, passato l'intermezzo strumentale "Dalla Terra", si entra nella dimensione più intima di Ladduca e soci con "Di Fame, Di Madre". L'album volge al termine e le tastiere sporche di "La Stanza di Veronica" segnano la conclusione lancinante di questo percorso oscuro in un animo da redimere.

È difficile non pensare, sullo scemare delle ultime note di questo "Fiumedinisi" (il titolo dell'album riprende il nome dell'omonima cittadina nel Messinese presso la quale è stato registrato), al respiro anglosassone di questo e di diversi altri dischi che periodicamente spuntano dal sottobosco italiano.
Si dice spesso che in Italia le avanguardie artistiche non siano altro che ricalcature di modelli già sperimentati altrove. Una questione che sa tanto di "ma è nato prima l'uovo o la gallina?", ma che fa riflettere circa l'essenza del lavoro dei Marlowe. Una band dal sound ricercato, coeso ma citazionista, pur in maniera tutt'altro che smaccata. Qualità ce n'è, il disco è piacevole da ascoltare, pur senza grandi picchi, ma resta imprigionato nel limbo del già sentito. È giusto volere di più, i Marlowe possono darlo.

Marco Pagliariccio

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